martedì 10 giugno 2014

Lingotto: il borgo che diventa città


Lingotto (Lingòt in piemontese) è un quartiere della IX Circoscrizione (che comprende anche Nizza Millefonti) situato a sud-est della città di Torino.
Il quartiere Lingotto di Torino è delimitato a nord (in corrispondenza della zona Borgo Filadelfia) da Corso Bramante, a est dalla linea ferroviaria di Torino sud (con la stazione Lingotto), confinante col polo multifunzionale del Lingotto, a ovest da corso Unione Sovietica e a sud da via Onorato Vigliani.
Il Lingotto nacque intorno al XV secolo come latifondo rurale tra Torino e Moncalieri, prendendo il nome dalla cascina agricola che sorgeva lungo l'antica strada di collegamento Grugliasco-Moncalieri, l'attuale via Passo Buole, al numero 60, in quella che oggi si chiama la zona Basse (per via delle case basse), e che dà oggi accesso all'adiacente zona di Torino Mirafiori Sud. A sua volta, la cascina Lingotto prese il nome dai nobili Lingotto (o Lingotti), già signori di Moncalieri, di cui ultimo estinto della dinastia fu tal Melchiorre detto il Marchiò, sindaco moncalieriese fino al 1559.
La zona passò poi al Cav. Emanuele Filiberto Panealbo fino al 1649, che la rivendette al Conte Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Mauriziano Giovan Battista Trucchi di Levaldigi (1617-1698), così come la più grande cascina della zona, detta La Generala, oggi sede del Carcere Minorile Ferrante Aporti.


Ma fu nel XVII secolo che il borgo si ampliò, arricchendosi di artigiani e contadini protetti sia dal dominio feudale di Vittorio Amedeo II di Savoia, sia dalla diocesi cattolica del beato Sebastiano Valfré, che evangelizzò gran parte della zona sud-est di Torino; fu in questo periodo che sorse l'antica chiesetta dedicata a San Giovanni Battista, successivamente distrutta dai bombardamenti del 4 giugno 1944, e sostituita dall'attuale parrocchia Immacolata Concezione e San Giovanni Battista (consacrata nel 1978). Prospicente ad essa, in via Passo Buole,73 , sorgeva l'antica villa di Emilio Borbonese (archivista storico di fine Ottocento) oggi inesistente. Nel 1765 la frazione del Lingotto passò quindi al Conte Carlo Pietro Avenati, del ramo dei nobili Rebaudengo di Mondovì, e ultimo proprietario del Lingotto. Poi, intorno al 1845-1850, l'area fu sfruttata per la costruzione del passante ferroviario della linee ferroviarie verso sud. Quando Carlo Alberto di Savoia sovvenzionò la costruzione della linea ferroviaria per Genova, la zona fu successivamente popolata da pendolari e dipendenti della stessa. A tutt'oggi, il quartiere ospita la Stazione di Torino Lingotto, ristrutturata nel 1990. Oltre a La Generala, l’unica cascina ancora oggi esistente è la "Juva", nata come cascina Lingotto e afferente al castello, che sorgeva nell’omonimo feudo sin dal ‘500. Nel corso dei secoli, il complesso ha subito diverse modifiche fino a stabilizzarsi dalla fine del ‘700. La pianta rimase invariata fino alla metà del ‘900. Attualmente l’edificio è adibito ad attività commerciali e residenziali e l’unica evidenza che si conserva è un arco portale bugnato settecentesco visibile da Via Passo Buole.



Nel periodo fascista poi, sorsero i depositi dei Mercati Generali Ortofrutticoli di Torino sud, o altrimenti detti "Magazzini di vendita Ortofrutticola all'Ingrosso" (M.O.I.), un comprensorio dominato da una piccola torretta littoria sull'allora chiamata Piazza Balilla, poi rinominata Piazza Galimberti. I mercati generali rapresentano l’unico vero progetto razionalista realizzato a Torino: un macro “tassello” destinato ai servizi, caratterizzato dalla “reiterazione ad libitum delle navate in cemento armato ad andamento parabolico, le quali vengono a rispecchiarsi nel monoritmo della struttura del Lingotto”. I nuovi Mercati Ortofrutticoli all’Ingrosso furono inaugurati il 28 ottobre 1933 a Torino e il complesso, contrariamente al progetto iniziale che prevedeva la sua localizzazione nei pressi di Porta Palazzo, sorge nella zona sud della città, a due passi dalla stazione di smistamento e dalla dogana. L’affidamento dell’incarico per la costruzione dei Mercati generali su un’area di proprietà pubblica avviene tramite il bando di un concorso-appalto, vinto dall’impresa Del Duca e Miccone con un progetto dell’architetto istriano Umberto Cuzzi (1891-1973), da dieci anni operante a Torino.


Considerato tra i migliori esempi di architettura razionalista torinese e pubblicato sulle principali riviste del periodo, il progetto sfrutta la lunghezza del lotto compreso fra la via Giordano Bruno e il tracciato ferroviario disponendo parallelamente alla via due serie simmetriche di sette gallerie in calcestruzzo armato ad archi parabolici illuminate da sheds verticali, speculari rispetto alla piazza centrale interna, sulla quale si apre l’ingresso principale dei mercati sovrastato dalla torre dell’acqua. Lungo il perimetro del lotto su via Giordano Bruno, Cuzzi chiude lo spazio interno con una cortina di corpi direzionali a due piani, simmetrici rispetto all’ingresso. Gli ambienti interni si discostano da quelli della consolidata edilizia industriale, di struttura a schemi quadrati: ai Mercati generali la leggerezza delle arcate crea spazi quasi rarefatti, che qualificano in modo nuovo la loro funzione specifica, lo smercio quotidiano di frutta e verdura. Nel 2001 il complesso viene dismesso, quindi restaurato per accogliere parte del Villaggio dei Media in occasione dei Giochi invernali di Torino 2006.


Sempre nel periodo fascista, di forte espansione fu anche la zona a nord del quartiere, detta Borgo Filadelfia, dal nome della via omonima. Nel 1922 sorse infatti l'Antica Fabbrica del Chinino, complesso destinato alla creazione di prodotti medicamentosi ricavati dalla trasformazione di solfato di chinino, costituito da dieci capannoni che si estendono su una superficie di 7.000 metri quadrati. Trasferita parzialmente a Volterra durante la seconda guerra mondiale, l’attività produttiva riprende dopo la fine del conflitto e continua fino al 1956, anno di chiusura della fabbrica, che attualmente è sede della Polizia Municipale della IX Circoscrizione.


Sempre in zona lo storico Campo (di calcio) Torino nasceva con questo nome il 17 ottobre 1926 per volere del Conte Enrico Marone di Cinzano, allora presidente del club Torino F.C. Il progetto fu affidato all'ingegnere Gamba, insegnante al Politecnico torinese, e la costruzione fu eseguita dal commendatore Filippa. Fu inaugurato alla presenza del principe ereditario Umberto e della principessa Maria Adelaide, con la benedizione dell'arcivescovo di Torino Monsignore Gamba; lo stadio fu poi ribattezzato Stadio Filadelfia e ospitò le partite casalinghe del Torino Football Club fino al termine della stagione 1962-1963.



Il Filadelfia è legato indissolubilmente alle imprese del Grande Torino. Negli anni Quaranta, uscire imbattuti dal Filadelfia è considerata una vera e propria impresa: per più di sei anni il Toro non perde mai sul proprio campo fino alla tragedia di Superga del 1949 che mette fine alla leggenda del Grande torino (vd. itinerario Madonna del Pilone). Nel campionato 1958-59 il Torino viene retrocesso per la prima volta in serie B, lo stesso anno in cui gioca allo Stadio Comunale, abbandonando temporaneamente il Filadelfia che viene utilizzato come campo d’allenamento della prima squadra e come campo ufficiale per le gare interne della Primavera. Con il ritorno in serie A, il Torino riprende a giocare nel vecchio impianto, che abbandona definitivamente nel 1963. Lo Stadio Filadelfia fu colpito durante il bombardamento diurno del 29 marzo 1944 che fece crollare il primo piano dello stadio. Dal 1963 il Filadelfia venne utilizzato come campo di allenamento, ma il cattivo stato di conservazione dell’impianto, dovuto alla scarsa manutenzione, costringe nel 1994 la società a spostarsi a Orbassano. Negli anni Novanta, la situazione economica del Torino si aggrava, e nel giro di un decennio più proprietari si avvicendano alla presidenza della società granata. Molte sono le parole spese per la ricostruzione dello storico impianto; vengono anche presentati alcuni progetti di ricostruzione, tra cui uno da trentamila posti.
Nel gennaio 2008 è stata costituita una nuova Fondazione che si è impegnata a trovare i fondi necessari per la ricostruzione dello stadio e notizia di dicembre 2013 è il progetto di ricostruzione del luogo simbolo del Torino (due campi e un museo) arrivato sul tavolo di Comune e Regione con un contributo da Palazzo Civico di un milione di euro e una data d’inaugurazione: 4 maggio 2016. 



Borgo Filadelfia ospitava, inoltre, l'area dell'antica dogana ferroviaria di Torino sud delimitata dall'inizio di Corso Sebastopoli. Ristrutturata, oggi è usata come sede di uffici amministrativi e parte della caserma della Finanza, che termina con un palazzo eclettico all'angolo con Via Giordano Bruno. Un lungo tunnel stradale detto Sottopassaggio (o sottopasso) del Lingotto, scorre da Corso Giambone sotto tutta la linea ferroviaria, fino a Via Ventimiglia nella zona Nizza Millefonti. Costruito nel 1930, fu allargato a due corsie nel 1979, quindi aggiunto di un raccordo per Corso Unità d'Italia e il polo fieristico-commerciale Lingotto nel 1997. Oggi è parzialmente interrotto, a causa lavori del prolungamento della Metropolitana di Torino e del progetto del Grattacielo della Regione Piemonte.

Una radicale ristrutturazione del quartiere avvenne per le Olimpiadi Invernali Torino 2006: nel 2001 la sede dei Mercati Generali venne infatti spostata a Grugliasco (zona SITO Interporto), e il MOI (Mercato Ortofrutticolo all’Ingrosso) dismesso. Considerata la sua importanza storico-artistica, il complesso è stato restaurato per ospitare parte del Villaggio Olimpico in occasione delle Olimpiadi invernali del 2006: il progetto del gruppo coordinato dall’architetto Benedetto Camerana ha destinato l’area ai servizi per gli atleti, mentre nelle zone circostanti sono state edificate alcune palazzine da i colori accesi a contrasto a uso residenziale per gli atleti durante le Olimpiadi.


Completava la ristrutturazione generale, la costruzione della Passerella Olimpica, che doveva collegare il Villaggio Olimpico con il centro polifunzionale del Lingotto. La sua funzione simbolica invece, fu quella di struttura innovativa, rappresentante il rinnovamento urbanistico del 2006 avvenuto in occasione dei giochi olimpici. Visibile da lontano, è una delle strutture più alte della città e il suo colore rosso lo distingue dal resto dell'impianto urbano, pur rimanendo nel tema dell'adiacente ex villaggio olimpico di Via G. Bruno/Via Zini. Il progetto fu realizzato da un gruppo di architetti e ingegneri guidati dall'inglese Hugh Dutton (HDA- Hugh Dutton Associés), ideatore del grande arco di sostegno. La progettazione richiese anche prove aerodinamiche effettuate in galleria del vento per verificare la resistenza alle correnti d'aria e studi antisismici. L'arco rosso è infatti alto 69 metri e lungo 55, pesa 460 tonnellate ed è sorretto da 32 fasci di cavi (chiamati tecnicamente stralli) con una lunghezza massima di 113 metri. Il principio strutturale è lo stesso della ruota di bicicletta, dove l'arco corrisponde al cerchione, gli stralli ai raggi, e l'impalcato del ponte al pignone. L'arco ha sezione triangolare, è inclinato per favorire la geometria degli stralli, ed è asimmetrico a causa dell'andamento incurvato della passerella. Le fondazioni sono profonde 20 metri ed hanno un peso di 162 tonnellate. La passerella pedonale è lunga 368 metri, ha un'altezza massima di 11,8 metri, comprende una campata unica di 156 metri senza appoggi, sostenuta da cavi, e altre due campate lunghe complessivamente 212 metri, con appoggi. L'Arco è stato costruito dall'ATI Sermeca S.p.a. e Falcone S.r.l. (mandataria). A parte la riconversione degli edifici più a sud, in corrispondenza di Via Pio VII e via Carlo Bossoli, nella sede dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Piemonte (ARPA),  a distanza di otto anni, dopo i fasti olimpici del 2006, purtroppo anche per la passerella olimpica l’'eredità delle Olimpiadi invernali si è rivelata molto pesante da gestire e tutta la zona (Torino Olympic Park) tra via Giordano Bruno, Via Zino Zini e Via Pio VII è lasciata per lo più al degrado con le facciate colorate scrostate, scritte sui muri e ascensori vandalizzati. 

Della riqualificazione del quartiere fa parte sicuramente il PAV - Parco di Arte Vivente, uno dei primi e pochi esempi in Italia di centri di ricerca attento al dialogo tra arte, scienza e natura, realizzato secondo i principi della bioclimatica e biotecnologia, costruito sull'area dapprima occupata dallo stabilimento Framtek. Il PAV, aperto dal 2008, è stato concepito come un'architettura verde dall'artista torinese Piero Gilardi e sviluppato con il paesaggista Gianluca Cosmacini, organizzato in ambienti e progetti quali "Bioma", un'opera di Piero Gilardi in cui il pubblico può interagire con alcuni elementi naturali o con l'installazione "Trèfle", la prima opera d'arte ambientale ideata al PAV dall'artista francese Dominique Gonzales-Foerster. Accanto a queste opere permanenti, si articola l'Art Program, diretto da Piero Gilardi e curato da Claudio Cravero, che prevede mostre temporanee negli spazi interni e la messa in opera di progetti site specific nel parco di circa 23.000 mq.

I centri dell’aggregazione sportiva giovanile, particolarmente numerosi in zona, sono le storiche società calcistiche A.S.D. V. Bacigalupo in Via Bossoli, 76/b, l'ACD Lingotto in Via Passo Buole 96 e le società di baseball Juve 98 e Grizzlies Torino, che si allenano nel campo a diamante di Via Passo Buole, 96. 
Discorso a parte merita l’HIROSHIMA MON AMOUR, nato nel 1987, in zona S.Salvario (via Belfiore 24) e spostatosi qui nel 1996 (via Bossoli, 83) nei locali abbandonati dell’ex scuola elementare Achille Mario Dogliotti; un nome che racchiude l'essenza di questo luogo: il cinema, la letteratura, la musica, l’antinucleare. La sua storia, in questi anni, è stata la storia della nuova musica italiana e internazionale, dal teatro comico, dei nuovi artisti che sul palco dell’Hiroshima hanno avuto le prime opportunità e che sono tornati, raggiunta la celebrità, nelle rassegne e nei festival promossi dalla nostra organizzazione. Pur mantenendo un occhio di riguardo per l'arte e le culture giovanili, Hiroshima Mon Amour è andata molto oltre la dimensione di locale di spettacolo, diventando nel corso degli anni un punto di riferimento nazionale ed internazionale per i grandi eventi e i festival: oltre che con le istituzioni pubbliche e gli enti locali, Hiroshima Mon Amour ha avuto come partner, tra gli altri, Smemoranda, il Museo Nazionale del Cinema, il Torino Film Festival, il Teatro Stabile di Torino, la Fiera Internazionale del Libro, Sergio Bonelli Editore, il Goethe Institut. Oggi, l’attività del centro spazia dall'ideazione artistica all'organizzazione e allestimento di eventi, in prevalenza concerti con artisti di richiamo nazionale e internazionale, programmando rassegne e stagioni teatrali, nightclubbing ed eventi esclusivi di spettacolo.


Lo spazio verde più grande del quartiere, nella zona denominata "Lingotto Vecchio", nucleo originario dell'attuale quartiere, è il Parco di Vittorio comunemente noto ai torinesi come Parco del Lingotto. Sull'attuale territorio occupato dal parco, per lo meno nella sezione a sud dell'asse di via Passo Buole, sorgeva il Cimitero del Lingotto, qui costruito nel 1788 per una legge che obbligava a spostare i campisanti fuori dai centri abitati.Dismesso il cimitero prima della Seconda guerra mondiale, su pressante richiesta della cittadinanza l'area venne adibita, nei primi anni cinquanta, alla sua attuale funzione di parco pubblico. La vasta area verde è divisa dall'asse viario di via Passo Buole; la parte a sud, quella anticamente occupata dal suddetto cimitero, è la più vasta; quella a nord, confinante con le sedi istituzionali della Circoscrizione 9, è informalmente nota con il nome de "I Pizzi", tradizionalmente luogo di ritrovo dei più giovani tra i frequentatori del parco (pur se è lì installato un gioco di bocce per gli anziani).

Il giardino pubblico è coperto nella sua quasi interezza dal verde; la presenza dell'antico cimitero, di cui alcuni alberi ornano ancor oggi vari angoli del quadrilatero, ha infatti contribuito a tenere distante l'edificazione frenetica particolarmente nel boom degli anni cinquanta e sessanta e tutto il parco brilla per la quantità e la qualità delle attrezzature per i bambini, per la presenza di un percorso ginnico, di piste di pattinaggio, fontane, passeggiate e un'ampia area per i cani.
La parte sud si caratterizza invece per un ampio laghetto artificiale con fontane, sormontato da un sovrappasso pedonale, con accanto la palazzina polifunzionale (ospita il Centro d'Incontro, ma anche mostre, gruppi giovanili, feste pubbliche e private) che funge da centro dell'intero parco.


Il nucleo originario del quartiere è proprio confinante con il Parco di Vittorio in prossimità di corso Traiano, lungo il quale si estende la maggior concentrazione di attività commerciali del quartiere.Qui ci si può concedere un ottimo gelato artigianale da Dario's in corso Traiano, 93, unico punto vendita a Torino del gelato prodotto artigianalmente a partire da panna e latte secondo le ricette della tradizione e cultura lattiero-casearia delle Fattorie Osella di Caramagna (CN): Dario, non a caso, è il nome proprio del fondatore e la gelateria un Carretto dei Sogni che ha realizzato a 75 anni dopo una lunga carriera di successo imprenditoriale. A breve distanza, dall'altra parte del corso, l'altra ottima gelateria artigianale storica della zona: la Gelateria Bussolari al n° 76.
Per una sosta gastronomica in zona la soluzione è pizza (napoletana) in una delle due sedi di quella che resta una delle migliori pizzerie di Torino: Cammafà nel locale in piazza Galimberti, 23/b (recentemernte ampliato in quanto originariamente nato essenzialmente per l'asporto e con soli quattro tavoli per il consumo in loco) oppure in quello da sempre più ampio di via Pio VII, 19 in corrispondenza del Villaggio Olimpico.

Nessun commento:

Posta un commento